{"id":7,"date":"2023-06-09T15:42:42","date_gmt":"2023-06-09T13:42:42","guid":{"rendered":"http:\/\/80.211.238.222\/wp-baveno\/?page_id=7"},"modified":"2023-07-13T19:07:35","modified_gmt":"2023-07-13T17:07:35","slug":"chi-siamo","status":"publish","type":"page","link":"http:\/\/80.211.238.222\/wp-baveno\/index.php\/chi-siamo\/","title":{"rendered":"Storia"},"content":{"rendered":"\n

Baveno in breve<\/h2>\n\n\n\n

Il Comune di Baveno \u00e8 situato a 205 mt. d\u2019altitudine, su una superficie di 17 kmq. e conta poco meno di 5000 ab. Compreso tra i comuni di Verbania, Stresa e Gravellona, si trova stretto tra le rive del golfo Borromeo e le pendici dei monti Camoscio e Mottarone, tagliato dal torrente Selvaspessa e delimitato dalla foce del fiume Toce. Vi sono ancora molti boschi sulle zone scoscese, mentre gran parte del territorio urbanizzato \u00e8 in pendenza, ad eccezione dell\u2019area pianeggiante caratterizzata dall\u2019abitato di Feriolo, dall\u2019area industriale e dalla foce del Toce.
Secondo il \u201csommarione\u201d del catasto Rabbini, anno 1860, il territorio comunale si distingueva nelle seguenti localit\u00e0 toponomastiche, elencate da nord a sud: Piano Grande, Feriolo, Gavaggi, Cantonaccio, Madonna della Scarpa, Piano del Castello, Brughera, Mola della Brughera, Brugherino, Ronco Vecchio, Sotto la Cava, Alla Cava, Campi Nuovi, Cr\u00e9, Roncaccio, Cantone, Prato dei Molini, Toronchi, Fabbricato, Tosonch\u00e9, Ronchetti, Viscania, Magnano, Mut\u00e0, Valasia, Chiosotto, Salegi\u00f9, Al Sudato, Al Monte, Alpe Camusso, Salvadauda, Quara, Madonna dei Prati, Ronchi di San Protasio, Chioso dei Bonnini, Caseggiato, Domo, Barazza, Brera, Tari, Cascinella, Noc, Cabiola, Crezza, Ciappina, Prati della Mussa, Cimalegro, Oronte, Piana del Protasio, Ronco Matteo, Navalesco, Vogini in Monte, Prato Grande, Gancio, Sereja, Cossola, Ronco Pariano, Romanico, Bustero, Molino di Ripa, Vogini, Prato dei Molini, Loita, Brugale, Chioso, Roncaro, Prati Belli, Rampolini, Pianelle, Piogelle. Tutte queste localit\u00e0, alcune delle quali chiamate al medesimo modo ancora oggi, si riconducevano ai centri abitati del capoluogo e di cinque frazioni, che fra poco si descriveranno.
Lo stemma di Baveno \u00e8 sormontato da corona e affiancato da due rami di alloro, consiste in una colonna in granito rosa in primo piano al centro, con doppio campo diviso obliquamente la cui parte alta \u00e8 un cielo azzurro, e quella bassa una parete in granito rosa.<\/p>\n\n\n\n

Notizie storico istituzionali ed economiche<\/h3>\n\n\n\n

DALLE ORIGINI A NAPOLEONE<\/em> L\u2019area del Verbano (costa lacuale nella zona di Verbania) cos\u00ec come il resto della fascia alpina, non venne interessata dalle mire espansionistiche dell\u2019impero Romano prima dell\u2019inizio del I sec. d.C. quando Augusto, riconoscendo l\u2019importanza della sicurezza stradale anche sui monti, effettu\u00f2 alcune campagne in queste zone. I reciproci interessi scaturiti nell\u2019ambito del commercio favorirono la romanizzazione delle popolazioni indigene senza traumi.
Le vie di collegamento preferite col nord Europa erano quelle attorno al monte Rosa. Solo con Milano capitale dell’impero Romano d’Occidente (286-402 d.c.) furono potenziate anche le vie fino a quel momento secondarie. Il tracciato romano doveva passare da Baveno a mezza costa, ci\u00f2 \u00e8 dimostrato dal toponimo ottocentesco della “strada Romana” passante da Romanico. Arrivava dal Sempione e dalla val Ossola, si biforcava a Gravellona, con un tronco verso Orta, l\u2019altro lungo il Vergante (costa sud-occidentale del Lago Maggiore, da Sesto Calende a Pallanza) a ricongiungersi con la strada per Milano.
La cristianizzazione dell’area avvenne intorno al IV sec. come si deduce da alcuni indizi: la scomparsa dei ritrovamenti archeologici dal V sec. (i corredi funebri sono una prerogativa pagana), inoltre l\u2019intitolazione della pieve SS. Gervaso e Protaso, chiaro segno del legame con l\u2019opera Ambrosiana di ristrutturazione e diffusione delle sedi religiose allora in atto. Tali santi erano infatti legati strettamente a s. Ambrogio (nella basilica milanese sono sepolti accanto a lui).
A fine et\u00e0 Longobarda, meglio con l\u2019inizio dell\u2019et\u00e0 Carolingia si istituiva la decima (tassa sacramentale legata all’approvvigionamento delle pievi). Dal VIII sec. Baveno era a capo di un’ampia circoscrizione cristiana. A quel tempo il Verbano veniva considerato punto strategico per la difesa della pianura dalle invasioni alemanniche prima e franche poi.
Traccia dell’epoca Longobarda rimane nei termini toponomastici Gavaggi (= bosco riservato al signore) presso Feriolo, Bressa (= braida, campagna) presso la “corte” di Baveno, Feriolo (da Fara) e Romanico (da Aramannico).
Durante l\u2019et\u00e0 Carolingia e Ottoniana Baveno era una curtis (= nucleo aziendale fondiario anche di natura difensiva). Anche Arona, Lesa e Isola Madre erano corti, ed erano legate a enti monastici pavesi (nota che Pavia era allora la sede del re, pur nella graduale affermazione del vescovo di Novara). Tuttavia pare che in quest\u2019epoca la corte di Baveno facesse capo al monastero pavese di S. Pietro in Ciel d’Oro, dal IX sec. al cenobio benedettino di S. Donato di Scorzola (Sesto Calende), quindi al cenobio di S. Salvatore a Pavia. A fine XII sec. tornava sotto il cenobio sestese. E\u2019 di quegli anni a Baveno l\u2019introduzione della distinzione tra il podere della corte e i beni dati in locazione ai coloni.
Durante l\u2019et\u00e0 Feudale, tra il X e il XI sec. per effetto delle trasformazioni economico sociali che si accompagnavano alla maggior fiducia del popolo verso i signori, inizi\u00f2 il disgregamento dei possedimenti ecclesiastici, mentre si innescava il braccio di ferro tra Arduino, marchesi di Ivrea, conte di Pombia, conti di Biandrate e conti Da Castello; intanto la pieve di Baveno si strutturava definitivamente in canonica con un prevosto attestato per la prima volta in un documento di met\u00e0 XII sec. quale responsabile spirituale ed economico del clero tra le pievi confinanti di Gozzano e dell\u2019Isola Madre. Nel XV sec. Baveno contava tre canonici. Dopo la vittoria di Legnano del 1176 l’arcivescovo di Milano occup\u00f2 tutta la costa sud-occidentale del Lago Maggiore, ottenendo pure la propriet\u00e0 del manso di Baveno a svantaggio dei pretendenti abati del monastero sestese. Ma questi ricorsero presso il papa e ri-ottennero almeno Baveno.
Le lotte continue tra marchesi di Ivrea e Citt\u00e0 di Novara facilitarono l\u2019inserimento della casata Visconti nel tessuto politico-feudale vassallatico a inizio XII sec., fungendo da pretesto per l\u2019espansione milanese nell\u2019Ossola-Vergante. Cos\u00ec a inizio XIII sec. l\u2019area cusio-borgomanerese era in mano ai Visconti, mentre la fascia costiera del Verbano rimaneva sotto l\u2019arcivescovo di Milano, con Lesa a far da capitale. In ambito civile nulla accadde di notevole a Baveno nel XIV e XV sec., al contrario la pieve di Baveno estese la propria giurisdizione in campo religioso. Nel 1277 a Desio la vittoria dei Visconti sui Torriani ne consolid\u00f2 il potere signorile (spirituale e temporale) che tale rimase anche durante il XIV sec. Durante il XIV sec. si stipularono i primi trattati commerciali tra Milano e la Svizzera, che trovarono nella strada del Sempione il loro strumento. Gli importi dei pedaggi venivano riscossi nel castello visconteo di Lesa, presso la riva lacuale. Nel 1356 gli Estensi, Gonzaga e marchese di Monferrato si allearono contro i Visconti per il dominio del Verbano, e negli scontri il castello di Feriolo avr\u00e0 parte importante. Alla fine prevalsero i Visconti che rimarranno signori incontrastati fino al primo ventennio del XV sec., quindi gradatamente sarebbe subentrato il casato commerciale dei Borromeo.
Dal 1439 al 1447 Vitalino Borromeo veniva infeudato progressivamente di tutti i luoghi chiave del Vergante.
Gli Sforza rinnoveranno ai Borromeo le prerogative feudali sul Verbano fino alla Rivoluzione Francese. I Borromeo fecero di questi luoghi un vero e proprio stato diviso in dieci podestarile, svincolate per privilegio dalle magistrature di Novara e Milano.
Nel 1455 Filippo Borromeo revision\u00f2 gli statuti del Vergante. Nel 1538 nasceva Carlo Borromeo, a suo tempo riformatore della spiritualit\u00e0 religiosa cattolica. Gli si attribuisce la scoperta del granito di Baveno, e soprattutto l\u2019intuizione sulle sue potenzialit\u00e0 economiche.
Tuttavia tra il 1576 e 1630 il Verbano non sfugg\u00ec alle pestilenze, inoltre molti oneri gravosi di uomini e soldi nel XVII sec. vennero pagati per contrastare le mire sabaude di espansione sul Monferrato. Nonostante ci\u00f2 si verific\u00f2 un certo sviluppo rurale, commerciale e ripresa dell\u2019edilizia.
Nel 1713 con la pace di Utrecht il governo austriaco si impose sugli Spagnoli. La dominazione austriaca port\u00f2 anche benefici, come la riforma fiscale voluta da Maria Teresa e basata sul catasto terriero, un impulso alle commercializzazione di vino, legna e carbone ricavate dai vasti boschi comunali, e alle attivit\u00e0 artigianali legate all\u2019uso di un torchio e ben 11 mulini, dei quali la toponomastica attuale conserva il ricordo.
Nel 1743 il trattato di Worms defin\u00ec tra le altre cose la cessione del Verbano dall\u2019Austria ai Savoia, e tale situazione venne rafforzata nel 1748 quando, con la pace di Aquisgrana, il Vergante e Stresa si staccarono dalla Lombardia ed entrarono definitivamente a far parte del Piemonte. Tuttavia la poca considerazione dei Savoia nei confronti di queste terre di frontiera caus\u00f2 una tangibile regressione ed emarginazione. Il malcontento della popolazione culminava in una battaglia di patrioti cisalpini e napoleonici contro i Savoia nel 1798, presso la piana di Feriolo. Ne uscirono sconfitti i patrioti, nonostante ci\u00f2 poco dopo Carlo Emanuele IV abdicava e il Piemonte venne annesso alla Francia. Altri disordini si verificavano a Baveno nel settembre 1799 allorquando le truppe imperiali napoleoniche, passando in paese, asportarono il mobilio dalle case e anche dal municipio, seminando smarrimento e confusione nella popolazione. In questi anni venivano aboliti i diritti feudali, inoltre veniva istituito il dipartimento dell\u2019Agogna, comprendente tutta la sponda occidentale del lago e l\u2019intera provincia di Novara, e che sarebbe durato fino a quando, con il congresso di Vienna, anno 1814, si decideva il ritorno del Piemonte ai Savoia. Nella riorganizzazione del territorio si tese a mantenere le innovazioni francesi ritenute valide, e cancellare quelle non condivise. Ad esempio il predetto congresso decise di ripristinare le antiche divisioni territoriali, e a livello locale ci si persuase a sciogliere alcuni accorpamenti di comuni, come quello per cui il Comune di Chignolo Verbano era stato declassato a frazione di Baveno. Nel 1818 Vittorio Emanuele I divise il Piemonte in quattro governi (ossia divisioni) ripartiti a loro volta in province, tra cui Pallanza (nella divisione di Novara). A sua volta ogni provincia veniva suddivisa in mandamenti (quelli di Pallanza erano: Arona, Cannobbio, Intra, Lesa, Omegna, Ornavasso, Pallanza) . Questa zona diventa allora anche un rifugio per uomini del Risorgimento, attirati dall\u2019orientamento verso l\u2019unificazione nazionale mostrato dal governo Sabaudo. Tra questi il politico-scienziato Giacinto Provana di Collegno che abit\u00f2 a Baveno nella villa Galtrucco.<\/p>\n\n\n\n

L\u2019OTTOCENTO E IL NOVECENTO<\/em> All\u2019inizio del XIX sec. veniva aperta, per decisione del governo Napoleonico, la strada carrozzabile del Sempione che, divenendo la via pi\u00f9 veloce per collegare Parigi a Roma, costitu\u00ec una grande occasione per aumentare i traffici commerciali del territorio e, effettivamente, anche l\u2019industria manifatturiera venne incrementata (lungo il torrente Selvaspessa, ad esempio nacque la fabbrica di scardassi Schelling). Il successivo governo Piemontese, tuttavia, non seppe o non volle sfruttare appieno quest\u2019opportunit\u00e0 di sviluppo commerciale, forse perch\u00e9 il traffico avrebbe giovato pi\u00f9 al lombardo-veneto, ancora austriaco, che ai Savoia; infatti anche la ferrovia Arona-Domodossola sarebbe arrivata solo nel 1905, anche per opposizione dei proprietari delle ville situate lungo la costa tra Arona e Baveno, che protestavano per ragioni prevalentemente estetiche. Tra questi c\u2019erano anche i coniugi Manzoni-Stampa.
Contemporaneo all\u2019apertura del Sempione fu anche l\u2019incremento della lavorazione del granito rosa su scala industriale. Tale pietra bavenese si dice essere stata scoperta da Carlo Borromeo, e infatti gi\u00e0 veniva utilizzata a met\u00e0 Cinquecento sulle facciate di edifici milanesi. Ancora oggi \u00e8 esportata in tutto il mondo. Il granito veniva sfruttato con modalit\u00e0 artigianali fino a inizio XIX sec., quando ancora gli abitanti di Baveno e paesi limitrofi erano quasi tutti impegnati in attivit\u00e0 connesse all\u2019escavazione: chi a produrre la polvere pirica (stabilimenti Salvi e Locatelli a Loita), chi a trasportarla con le gerle, chi a minare in montagna, chi a rompere i massi sulla riva del lago, sotto le tettoie\/sostre, chi a lavorare i blocchi (i cosiddetti \u201cpicasas\u201d, che abitavano prevalentemente a Oltrefiume). Lo sviluppo industriale di tale attivit\u00e0 si deve all\u2019imprenditore Nicola della Casa (1844-1894), che per primo speriment\u00f2 l\u2019uso di gallerie, e ide\u00f2 la lavorazione meccanica del granito. La conseguente meccanizzazione avrebbe determinato alla lunga un minor impiego di uomini e il fallimento di della Casa. La strada del Sempione, i battelli a vapore (e pi\u00f9 avanti la ferrovia) richiamarono la nuova borghesia imprenditoriale, nonch\u00e9 diedero impulso al turismo: se nel XVIII sec. la zona era zona era rientrata negli itinerari cultural-didattici del Grand Tour come percorso di passaggio, nel XIX sec. diventa meta di viaggiatori romantici affascinati dal paesaggio di Baveno e dal contrasto delle isole Borromee.
Gli stabilimenti ricettivi si sviluppano a partire da questo momento. L\u2019albergo della Posta, detto anche Adami dal nome dei proprietari, esisteva gi\u00e0 nel 1820, e nel 1860 era gestito da Tommaso Pedretti cos\u00ec come poco dopo il nuovissimo Hotel Belle Vue.
L\u2019applicazione del vapore ai battelli sul lago Maggiore risale al 1824, per specifico interessamento di Camillo Cavour, mentre le ferrovie arrivarono sul lago (ad Arona) nel 1855 con la diramazione da Alessandria, e nel 1859 con quella da Milano-Varese.
Nel 1867 i fratelli Zanoli inauguravano l\u2019albergo Beau Rivage, mentre Tomaso Pedretti costruiva l\u2019Hotel Belle Vue tra il 1865 e il 1866, innovativo in quanto fornito di acqua corrente fatta arrivare da fonti vicine con tubature sotto strada.
Nonostante questi episodi, l\u2019Amministrazione bavenese ancora considerava il turismo secondario rispetto il valore economico dell\u2019attivit\u00e0 estrattiva, cui si affiancava anche l\u2019industria manifatturiere, con la filatura di cotone fondata nel 1852 da Schwarzenbach e la fabbrica di scardassi fondata nel 1866 da Schelling, inoltre due fabbriche di minuterie metalliche, quella di Razzini nel 1856 e quella dei soci Vogini e Ruffoni nel 1866. Questa sottovalutazione caus\u00f2 ad es. dei ritardi nel dotare il luogo di efficienti servizi igienico-sanitari, un razionale piano regolatore, un adeguato impianto di illuminazione pubblica.
Il soggiorno della regina Vittoria presso villa Henfrey nel 1879 increment\u00f2 molto il turismo inglese, che a sua volta stimol\u00f2 l\u2019edificazione degli alberghi Simplon e Suisse. Anche il sindaco di allora Gerolamo Rossi ne approfitt\u00f2 comprando nel 1880 villa Durazzo trasformandola in due anni nel Grand Hotel Baveno. Nel 1882 e 1887 a Baveno soggiorn\u00f2 pure il principe Federico Guglielmo di Prussia, tuttavia lo sviluppo alberghiero vide da quel momento una lunga fase di stallo. Considerato un discreto aumento del flusso turistico diretto sul Mottarone, nel 1887 l\u2019albergatore Cagliani (gi\u00e0 proprietario del ristorante Nazionale) apriva l\u2019albergo Alpino. Negli anni novanta vennero presentati progetti per la cremagliera Baveno-Mottarone e per la tramvia Arona-Gravellona, ma alla fine non se ne fece nulla. La diminuzione del flusso turistico fu la causa del fallimento nel 1893 del Grand Hotel Baveno che, seppur acquistato da Carlo Pedretti due anni dopo, solo nel 1906 sarebbe stato riaperto al pubblico.
Se finora a Baveno si arrivava solamente in battello, con l\u2019apertura del traforo del Sempione si inaugura nel 1906 anche il tronco ferroviario Gravellona-Arona. Non senza polemiche, in quanto il sito della stazione di Baveno fu deciso nel 1902 senza arrivare ad un vero accordo del Consiglio Comunale, al cui interno si fronteggiavano la fazione degli industriali, che l\u2019avrebbero voluta in localit\u00e0 Oltrefiume (presso le fabbriche), e la fazione degli albergatori che spinse per posizionarla nel capoluogo (presso lo scalo portuale), dove poi venne realizzata dalla Societ\u00e0 Mediterranea.
Negli anni 1906-1908 viene costruito, sul modello di quello di Stresa, l\u2019imbarcadero in stile liberty. Nel 1907 nasce la Pro Loco di Baveno, che quasi subito acquista nuove lampade per illuminare il lungo lago e la via d\u2019accesso alla stazione, inoltre allestisce il primo giardino pubblico sul lungolago, grazie anche alla concessione del sito da parte della signora Maria Branca Scala. Ancora la Pro Loco promuove la diffusione di r\u00e9clames informative sulle bellezze del luogo.
Nel 1906 l\u2019albergatore Paolo Borgo a fronte di un rinnovato incremento turistico riapre il Grand Hotel Baveno, con nome Palace Grand Hotel, e spinge l\u2019Amministrazione bavenese a valorizzare l\u2019abitato con il Piano di lavori pubblici del 1911, che prevedeva: nuove strade e allargamento di quelle esistenti, aumentare l\u2019accessibilit\u00e0 dei luoghi panoramici, abbellimento del lungolago, spostamento del porto presso la localit\u00e0 Molino di Ripa, allontanamento del cimitero dall\u2019abitato, potenziamento della fognatura comunale, ampliamento dell\u2019edificio scolastico e costruzione nuovo asilo infantile, sistemazione della spiaggia di Feriolo.
Dopo l\u2019approvazione del Piano da parte del Genio Civile, nel 1913 venne inaugurato il rinnovato edificio scolastico, e il lungolago nel 1913. Poi i lavori vengono interrotti a causa della Prima Guerra Mondiale. Riprenderanno nel 1919, per finire nel 1921.
Se durante la guerra la mancanza di clienti aveva spinto albergatori a mettere a disposizione dell\u2019Autorit\u00e0 Militare i grandi alberghi per ospitare militari feriti, tuttavia il turismo pendolare dei milanesi non si interruppe mai del tutto. Alla fine della guerra il turismo viene utilizzato come volano per la ripresa delle attivit\u00e0 economiche.
Anche grazie a ci\u00f2 nel 1923 si decise di aprire un complesso termale a Baveno, tra villa Henfrey e l\u2019albergo Beau Rivage, utilizzando due antiche fonti attorno alle quali si erano rinvenute tracce di palafitte, muri romani, vasi e monete. Qui la Societ\u00e0 Anonima Terme costru\u00ec alcuni padiglioni per cure termali, oltre un impianto di imbottigliamento. Esse vennero ampliate nel 1932-34 con porticati, terrazze solarium, campi da tennis e skating.
Per volont\u00e0 mussoliniana nel 1926 si istituiscono le Aziende autonome delle stazioni di cura, soggiorno e turismo. La sezione bavenese fu inaugurata nel 1929. Oltre le attivit\u00e0 ordinarie curava in particolare l\u2019organizzazione di varie manifestazioni, di cui si ricorda il \u201cPrimo concorso nazionale della canzone del Lago Maggiore\u201d (1931), una sorta di antenato del festival canoro Sanremo; la \u201cLeggenda delle rose\u201d (1932), favola simile alla Bella addormentata mimata sul lungolago dal corpo di ballo della Scala di Milano; il progetto \u201cCaramba\u201d (1933) che prevedeva la tinteggiatura delle abitazioni del lungolago a colori vivacissimi, per invogliare il forestiero a fermarsi. Molto attivo tale ufficio fu nella propaganda mezzo radio, giornali, manifesti su treni e insegne luminose in citt\u00e0 valutando che Baveno fosse sfavorita dai mass-media nazionali dell\u2019epoca rispetto altre localit\u00e0 turistiche.
Se durante la Prima Guerra Mondiale il movimento forestieri si era quasi azzerato, viceversa durante la Seconda gli alberghi, le ville, nessuna pensione furono mai cos\u00ec pieni. Il fenomeno degli sfollati spingeva la popolazione lontano dalle grandi citt\u00e0 per evitare il rischio dei bombardamenti, addirittura chi lavorava a Milano inizi\u00f2 a fare il pendolare. Se il governo aveva auspicato tale sistemazione per gli ariani, al contrario lo viet\u00f2 agli ebrei, invitando le autorit\u00e0 locali a segnalare eventuali individui indesiderati. Baveno non si attenne a quest\u2019ultima direttiva, non segnalando anzi coprendo i suoi ospiti e residenti ebraici.
Case e alberghi erano occupati dagli sfollati, ma fanno eccezione gli hotels \u201cLido Palace\u201d, \u201cSimplon\u201d e \u201cBelle Vue\u201d che dal 1941 furono trasformati in ospedali militari per feriti, i quali ovviamente erano esenti dal pagamento della tassa di soggiorno, per\u00f2 purtroppo per questo non compaiono nelle statistiche.
La Prima guerra mondiale, insieme alla seconda si era portata via molti militari di Baveno. Ma altre vittime, civili e non, devono essere ricordate specificamente. Dal settembre 1943 l\u2019Italia diviene territorio di battaglia, occupata al nord dai tedeschi e al sud dagli Alleati. I principali alberghi di Baveno furono requisiti dalla divisione SS Leibstandarte per potervi installare i comandi delle forze germaniche. Nei giorni 13 e 14 settembre avvennero i rastrellamenti di ebrei da parte di queste SS, che poi continuarono per tutto il Vergante fino al giorno 23. Si tratt\u00f2 della prima strage effettuata in Italia dalle SS, alla fine furono 54 le vittime. A Baveno scomparvero tre famiglie ebree, Luzzato, Wolfsi e Serman, quest\u2019ultima in particolare si ricorda per aver risieduto in affitto nella villa Fedora.
Non si pu\u00f2 inoltre tacere il contributo di vite offerto alla patria durante la Resistenza, soprattutto a Baveno si ricordano i cosiddetti \u201c42 martiri\u201d, partigiani prelevati dalla Valgrande e fucilati in una cantina il 20 giugno; infine non si possono tacere i cosiddetti \u201c17 martiri\u201d, ragazzi prelevati dalla divisione \u201cValtoce\u201d e fucilati per rappresaglia il 21 giugno 1944, dietro il monumento ai caduti presso l\u2019imbarcadero. A tutti questi la Citt\u00e0 di Baveno ha dedicato alcune vie.
Nel dopoguerra si \u00e8 perseguita la rinascita economica, e a Baveno che non ha conosciuto i bombardamenti ci\u00f2 \u00e8 stato particolarmente veloce. Si \u00e8 puntato molto sull\u2019industria estrattiva, con uno sviluppo che oggi si consolida nella presenza delle cave: Cava Braghini, Cava Camoscio, Cava Grassi ex Gianoli, Cava ex Locatelli, Cava Scala dei Ratti, Cava Seula, per citare e pi\u00f9 conosciute. Altro settore privilegiato \u00e8 quello turistico-ricettivo: con lo sviluppo dell\u2019automobilismo esso si \u00e8 adeguato alle nuove esigenze di un turismo di massa, in parte residenziale (seconde case), in parte itinerante, che ha preteso un\u2019alternativa economica al soggiorno di lusso e prolungato. Cos\u00ec sono nati campeggi, motel, meubl\u00e9. La vitalit\u00e0 edilizia ricettiva e privata (in buona parte seconde case) \u00e8 testimoniata dalle pratiche edilizie fin da inizio anni 50, anche se con eccessi tra gli anni 60 e 70 che hanno in parte compromesso il primitivo pregio paesaggistico dei luoghi. In appoggio al boom edilizio \u00e8 stato varato un adeguato piano di lavori pubblici, con ampliamento di acquedotto e fognature, ampliamenti dei cimiteri, potenziamento dell\u2019illuminazione stradale, ristrutturazione di edifici pubblici, realizzazione del centro sportivo, costruzione di asilo nido, scuola materna, scuole medie. In chiave turistica \u00e8 stato dato nuovo impulso alle manifestazioni, da sfilate in costume a barche illuminate e infiorate, da concerti a fuochi pirotecnici, anche concorsi ed esposizioni, iniziative che continuano tuttora ad essere una prerogativa vincente dell\u2019Amministrazione bavenese.
Alla crisi del settore manifatturiero degli ultimi decenni del XX sec., che aveva visto scomparire le fabbriche di Oltrefiume e del capoluogo in favore della nuova area industrial-commerciale di Feriolo, si somma la pi\u00f9 recente crisi della globalizzazione cui si sta contrapponendo almeno il rilancio del settore turistico. Pu\u00f2 non essere casuale che le terme di Baveno, riaperte subito dopo la guerra e chiuse durante gli anni Ottanta del Novecento, siano di recente al centro di un progetto di recupero da parte del gruppo Zacchera.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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